chapter 9

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    Erano passati cinque mesi da quando Klaus se ne era andato, dirmi che mi aveva lasciato sarebbe sembrato strano, ancora pensavo a lui di tanto in tanto, nonostante ormai Elijah fosse una costante nella mia vita. Lui si preoccupava di me e della bambina, proprio il giorno prima eravamo stati dal medico e lui ci aveva detto che era una femmina, mi faceva stare bene e giorno dopo giorno sembrava stessimo costruendo qualcosa insieme, lo rendevo partecipe di ogni evento importante perchè sentivo di aver bisogno di qualcuno nella mia vita, benché fossi cauta nel parlarne, sopratutto con mia madre che, altrimenti, avrebbe cominciato a costruire castelli per aria, dopotutto ancora pensavo a suo fratello e questo mi faceva sentire in colpa.
    Quando riaprì gli occhi mi ci volle qualche secondo prima di realizzare che non stessi più sognando, lui era ancora lì e mi teneva tra le sue braccia, sorrisi ricordando la notte che avevamo passato insieme, la memoria mi aiutò perfino con i dettagli: una sua mano che con precisione apriva la cerniera del mio vestito, mentre le sue labbra sfioravano le mie e l'altra che toccava il mio fianco, fino a scendere lungo i fianchi. Mi alzai appena e gli lasciai un bacio sulle labbra, poi mi alzai e indossai una vestaglia per non rimanere nuda, prima di chiuderla con la cintura di seta mi specchiai e passai un dito sulla mia pancia, delineandone il profilo e accorgendomi che cominciasse a notarsi più di quanto credessi. Sorrisi e poi andai a preparare la colazione, attivai la macchina per il caffè e, mentre si preparava, uscì fuori per ritirare la posta. Era più del solito, la maggior parte bollette e pubblicità, c'erano perfino i buoni sconto che non avevo quasi mai usato, fatta eccezione per poche altre volte, poi vidi una lettera. Sulla busta non c'era segnato il mittente, solo il mio nome con una grafia che avevo già visto, rientrando mi domandai cosa fosse e compresi che non l'avesse lasciata il postino. Quando tornai dentro vidi Elijah sveglio e allora riposi tutto quello che avevo in mano, compresa quella lettera, l'avrei letta in un secondo momento - Buongiorno - gli dissi, sorridendo.

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  2. ’’stormborn
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    Mi svegliai sotto le coperte di un letto non mio. Ero solo, sebbene non lo fossi stato per l'intera notte. Mi trovavo nella camera da letto di Caroline, con indosso solamente un paio di boxer, ed il resto dei miei vestiti ordinati su una sedia posta accanto al letto. Lei doveva essersi già svegliata e aver riordinato. Le cose tra noi due si erano evolute negli ultimi mesi, fino a spingerci a iniziare una relazione. Provavo qualcosa che non avevo mai provato prima per nessuna donna. Lei era quella giusta, non a caso prevedevo di iniziare una famiglia con l'arrivo di mia nipote, nonché sua figlia. Avrei sposato Caroline, e l'avrei fatto non per aggiustare gli errori di mio fratello, ma per amore. Mi alzai con estrema tranquillità, era ancora molto presto e nessuno mi imponeva orari in cui mi sarei dovuto presentare obbligatoriamente a lavoro, dal momento che ero il capo. Tuttavia, mi piaceva essere presente e puntuale. Dopo una breve doccia indossai i pantaloni neri, la camicia bianca, la giacca e la cravatta che Caroline aveva piegato sulla sedia. Scesi le scale e andai a specchiarmi per sistemare il nodo della cravatta, fu in quel momento che udii la sua voce. Mi diede il buongiorno, ed io mi voltai per sorriderle. Buongiorno. Le risposi, poi mi avvicinai e le mie mani andarono a circondare la sua vita. Le baciai le labbra, un semplice bacio lento e non affatto spinto. Non mi piace svegliarmi in un letto vuoto. Le sussurrai, ancora vicino a lei.

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    Rispose al mio buongiorno mentre io mi avvicinai alla cucina per servirgli il caffè in una tazza, ormai azioni come quelle erano diventate quasi abitudini, non era raro che Elijah rimanesse a casa mia e che ci risvegliassimo insieme, questa era una cosa nuova per me, ma mi piaceva e mi faceva sentire protetta. Insieme avremmo potuto dare a quella bambina la famiglia che io non avevo avuto, lui avrebbe potuto fargli da padre. I miei genitori si erano separati quando io ero ancora una bambina e prima dei miei dodici anni non erano mai stati una coppia modello, di quelle che ti fanno venir voglia di sposarti e avere figli, non sapevo come sarebbero andate le cose, ma con un pò di impegno, nonostante la situazione difficile, avremmo saputo fare meglio di loro due. Mi baciò ed io ricambiai, sorridendo e lasciando che mi stringesse. Mi sussurrò che non gli piacesse alzarsi da solo, allora risi appena - Sarei tornata, dopo averti preparato la colazione - mi giustificai, rivelandogli quali erano le mie intenzioni, ero semplicemente stata distratta dal ritirare la posta. ..Devi andare a lavoro? - gli risposi, mettendo il broncio prima ancora di parlare, vedendolo pronto per uscire.

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  4. ’’stormborn
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    Presi la tazza in cui versò il mio caffè, mentre lei fingeva di essere offesa del fatto che in meno di cinque minuti sarei dovuto uscire di casa e andare a lavoro. Feci un sorso, poi controllai l'ora dal costoso orologio intorno al mio polso. Constatai di essere in ritardo, anche se di pochi minuti. Devo scappare, sono in ritardo. Le dissi, finendo il caffè velocemente e cercando di sistemare al meglio la cravatta con cui, puntualmente, litigavo ogni mattina. Caroline, ti dispiace... Chiesi il suo aiuto, e fu lei ad annodarla con più precisione, mentre io pensavo a tutti gli affari che avrei dovuto sbrigare nel corso di quella giornata. La mia vita era diventata più impegnativa, da quando Caroline ne era entrata a far parte. Noi due ci sforzavamo di creare delle basi solide per una famiglia, e dovevamo essere pronti all'arrivo della bambina. Ho un importante incontro con un cliente, discuteremo di una causa che non intendo perdere. Fatti trovare pronta intorno alle otto, prenoterò un tavolo all'Arnaud's Restaurant per le otto e mezza. Ricordi? E' a Bourbon Street. Quando lei finì, controllai la cravatta, e infine baciai le sue labbra e, per un momento, mi dimenticai di andare di fretta. Devo andare. Sorrisi, non riuscendo a rinunciare ad altri baci, ma costringendo me stesso ad allontanarmi.

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    9YheRFH

    Mi disse che era in ritardo per il lavoro e la tristezza non abbandonò il mio volto, non volevo essere lasciata da sola, avrebbe significato rimanere in compagnia dei miei pensieri e percepire quel vuoto dentro di me. Purtroppo non potevo farci molto, così lo aiutai ad annodare la cravatta: era una cosa che mi aveva insegnato mio padre quando ero bambina e che mi riusciva facilmente, non comprendevo come fosse possibile che quasi l'ottanta percento degli uomini non sapesse annodarla, era come non saper allacciare il reggiseno per le donne, strano. Gli sorrisi, mentre mi parlava di cosa avrebbe fatto quel giorno, mi piaceva che condividesse con me i suoi pensieri e le novità riguardo la sua giornata, mi faceva credere che stessimo procedendo nella giusta direzione. Io oggi ricevo due pazienti, Amanda, sai..quella con l'insonnia che tre settimane fa si presentò qui nel cuore della notte, e James, ha quattordici anni ed il nostro primo incontro. Pare che non riesca a controllare lo stress emotivo - gli spiegai, sorridendo e poi guardandolo negli occhi. I casi che trattavo non sempre erano interessanti come quelli che curavo all'ospedale, quando ci lavoravo, ma qualche volta capitava mi sorprendessero e per fortuna non avevo perso interesse per la mentalità altrui. Mi disse di farmi trovare pronta per le otto e mezza e il mio sorriso si ampliò, adoravo quando mi faceva quelle sorprese anche se ancora non riuscivo ad abituarmi alla routine sentimentale che avevamo stabilito. Sarò pronta - gli dissi baciandolo per salutarlo, ma quel bacio si prolungò per qualche secondo e allora strinsi la sua giacca. Disse che sarebbe dovuto andare via e allora sospirai rassegnata - Va bene - gli dissi alzando le mani in segno di resa, poi lo accompagnai alla porta e prima di chiuderla esitai - hey Mikaelson...vincerai la causa, lo so - gli dissi, parlandogli come se ci trovassimo al college, risi e tornai dentro. Pensai di non voler rimanere sola a pensare, così passai l'intera mattinata a pulire casa come una matta, intorno alle due del pomeriggio, dopo un pranzo veloce, ricevetti entrambi i miei pazienti e dopo andai a fare yoga al centro prenatale, intrattenendomi con un paio di amiche. Tornai intorno alle sei, avevo tutto il tempo per rilassarmi e prepararmi, ma quando andai in cucina vidi la posta e mi ricordai di quella lettera senza mittente, mi era totalmente passato di mente. La presi e la aprì con l'estremità di una delle chiavi di casa, riuscendo a non rompere la busta, poi presi il foglio dal suo interno e cominciai a leggerlo.

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